Per non diventare rassegnati sudditi del dio profitto.

Il fatto che sia intervenuta la così detta globalizzazione, non vuol certo dire che il dovere di cassa possa prescindere dalla centralità dell’individuo massima espressione della nostra umanità e fondamento imprescindibile per la crescita del pianeta. Se in nome del profitto vengono svenduti i valori, la centralità della vita, il diritto di progredire e poter decorosamente mantenere le proprie famiglie, ecc. allora vuol dire che stiamo sbagliando percorso. Per questo, affinché ciascuno si prenda la propria parte di responsabilità per quanto sta accadendo, anche solo prendendo coscienza  dei tanti scempi a cui stiamo assistendo, pubblico la comunicazione dei lavoratori della Vodafone a cui va la mia piena e totale solidarietà per quanto sta a loro succedendo, e vi esorto a farvi promotori di questa istanza perché, il dio profitto, potrebbe mettere anche voi nelle stesse difficoltà e l’unica forma che abbiamo, “secundum legem”, per combattere le ingiustizie, è quella di far sentire la nostra voce e la nostra solidarietà.

Cav. Franco Antonio Pinardi
Presidente del Tribunale Arbitrale per l’Impresa il Lavoro e lo sport
Segretario Generale
Confederazione Giudici Tributari C.U.G.I.T.
Confederazione Giudici di Pace C.G.d.P.

 

CEDUTI-LICENZIATI.VINCITORI DI CAUSE LEGALI
REINTEGRATI ED ORA….SEMPRE NOI……TRASFERITI….
IL CALVARIO SENZA FINE DEI DIPENDENTI VODAFONE


Nel 2007 Vodafone cedette 914 lavoratori a una compagnia outsourcer tramite una cessione di ramo d’impresa e che a Roma ai lavoratori ceduti il tribunale riconobbe l’inesistenza del ramo d’azienda e la conseguente dichiarazione di nullità della cessione con obbligo di reintegro dei lavoratori.  A soli 3 mesi dalla riassunzione però Vodafone licenziò solo gli 85 lavoratori reintegrati, letteralmente selezionati uno ad uno tra 470 dipendenti di Roma.  Dopo due anni senza salario quei lavoratori ottennero in tribunale il riconoscimento della discriminazione operata ai loro danni e Vodafone venne condannata per comportamento discriminatorio e ritorsivo, anche in Cassazione.

 

Con un mezzo di discriminazione diverso, oggi la storia si ripete a Ivrea.

Nel dicembre 2015, la corte d’appello di Torino ha sentenziato per 17 donne e uomini il diritto a essere reintegrati in Vodafone.

A marzo 2016 iniziano a lavorare nella sede di Ivrea, venendo adibiti ad un servizio non più svolto da Vodafone e “reinternalzizato” esclusivamente per occupare questi lavoratori, pur essendo lo stesso notoriamente in via di esaurimento.

Il 29 maggio 2017, quindi a poco più di un anno dal reintegro,l’Azienda ha annunciato il trasferimento a Milano, per asserite esigenze di riorganizzazione di:

  • tutti i reintegrati (fatte salve due lavoratrici in maternità);
  • 4 lavoratrici mai cedute della sede di Ivrea che hanno problemi di salute, spesso conseguenza della attività lavorativa svolta, e che non possono più rispondere in call center.

 

Dal I° luglio 2017 19 dipendenti di Ivrea verranno trasferiti a Milano per entrare a far parte di un gruppo di lavoro creato ad hoc per loro, nel quale  troveranno altri 12 colleghi milanesi rientrati in Vodafone dopo la vittoria delle cause contro la cessione e altri 10 lavoratori del call center di Milano non idonei alla risposta telefonica. L’azienda ha dichiarato che in questo gruppo di lavoro verranno fatti affluire, nel prossimo futuro, lavoratori reintegrati e lavoratori non idonei alla risposta appartenenti a tutte le sedi del centro nord (Bologna, Padova). E’ stato annunciato che verrà creato analogo polo al centro sud, verso il quale verranno fatti trasferire lavoratori con identiche caratteristiche.

 

Si avranno dunque lavoratori con problemi di salute e lavoratori reintegrati da sentenze della magistratura erranti per l’Italia al fine di convergere in due centri loro esclusivamente dedicati.

E’ da dieci anni che l’azienda Vodafone decide del nostro destino di lavoratori e di persone con tracotanza, stravolgendo vite, serenità e progetti e senza sembrare volere mettere fine a una storia che ogni volta conduce a esiti sconcertanti per la loro varietà e intensità. E’ da dieci anni che Vodafone gioca con le sentenze della magistratura.

 

Si tratta in maggioranza di lavoratori con contratti part time a 5 o 6 ore e relative retribuzioni. La maggior parte sono donne e madri di figli in tenera età; la durata della prestazione lavorativa sarà quasi analoga alla durata del viaggio tra andata e ritorno; queste persone non avranno più modo di occuparsi delle proprie famiglie e di vivere nel senso pieno e comunemente condiviso del termine.

 

Vodafone Italia S.p.a. è un’azienda che utilizza parecchie risorse per promuovere iniziative pubbliche e interne all’azienda a favore delle pari opportunità e contro ogni tipo di discriminazione e per dotarsi di un’autoregolamentazione etica. Sul sito della società si può leggere “La parità di trattamento delle persone di Vodafone Italia si concretizza nel garantire, a partire dalla fase di selezione e in tutte le attività svolte, la non discriminazione per motivi di razza, sesso, nazionalità, orientamento sessuale, status sociale, apparenza fisica, religione e orientamento politico”

 

In tutte le sue sedi Vodafone ha gruppi di lavoro nei quali non solo i responsabili ma gli stessi colleghi vivono e lavorano in nazioni diverse tra loro, incentiva il ricorso allo smart working, che è lo svolgimento del proprio lavoro al di fuori dell’ufficio e senza orari imposti, così da migliorare il bilanciamento tra lavoro e vita personale.

Il fatto che, in una azienda con queste caratteristiche, il trattamento previsto per 19 ben precise persone sia il trasferimento a 120 km di distanza dalla propria sede di assunzione, indica con tutta evidenza che l’intento ultimo e certamente non nascosto, è quello di indurre quelle persone a licenziarsi per l’insostenibilità delle condizioni.

Abbiamo quindi urgentemente bisogno di uno spazio per fermare questi trasferimenti discriminatori denunciando quanto accade in Vodafone, dove sotto l’immagine patinata di azienda attenta ai temi sociali si celano comportamenti discriminatori ed elusivi delle sentenze dei magistrati italiani. Non c’è in gioco solo il posto di lavoro ma il rispetto di principi fondamentali del nostro Paese.

Per maggiori dettagli e tutta la documentazione del caso in nostro possesso di seguito i riferimenti di due colleghe, entrambe lavoratrici reintegrate ed entrambe rappresentanti sindacali: Serena Antonelli(tel: 3314395270) della sede Vodafone di Roma e  Valeria Viletto della sede Vodafone di Ivrea e coinvolta in prima persona dai trasferimenti (tel: 3405363196). Grazie dell’attenzione e dell’aiuto che vorrete darci.

Contatti mail:

 

  • comunicazionicobas@gmail.com

 

  • cobasvodafone@cobaslavoroprivato.it

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